"Il vero artificio è quello del corpo nella passione, quello del segno nella seduzione,dell'ambivalenza dei gesti, dell'eclissi del linguaggio, della maschera del viso, del motto che altera il significato, e che per questa ragione che si chiama motto di spirito." - Jean baudrillard -

Detroit Techno - Ver 0.10

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James G. Ballard



James Ballard – Cut/up – Scoperte Virali 1953 –
Da “I miracoli della vita” - Feltrinelli


Lavorare come copywriter in una agenzia di pubblicità non era così fascinoso e interessante come suggerivano i romanzi. In genere era roba noiosa e ripetitiva, come scrivere opuscoli o materiali per i manuali. Per scrivere i miei racconti avevo bisogno della luce del giorno, così mi trovai un lavoro di facchino a Covent Garden, al reparto crisantemi di un grossista. Cominciavamo presto, verso le sei del mattino, e a mezzogiorno avevamo finito. Quando accumulai troppe notti insonni, passai a vendere enciclopedie porta a porta(…); Fu un periodo affascinante, giravo per le città delle Midlands con il mio campionario, dormivo in alberghetti squinternati insieme a operai dell’abbigliamento. Una modesta strada di villette a schiera vittoriane poteva nascondere tutto un mondo di differenze - adolescenti allegre che badavano ad una nidiata di marmocchi mentre la madre, esausta, guardava la tv in cucina in mezzo al disordine; fanatici religiosi con quattro mobili e figlie diffidenti che non vedevano l’ora di crescere.(…)
Intanto, la mia scrittura era ancora bloccata. Avevo saggiamente abbandonato il tentativo di scrivere qualcosa di meglio di Finnegans Wake, e sapevo di non avere il vigore e la morbosità necessarie per emulare Hemingway. Il problema era che non avevo ancora trovato una forma che mi andasse bene. La narrativa popolare era troppo popolare, quella letteraria troppo seria. (…)
Un cambiamento di scenario, da una londra grigia e sovraffollata ai grandi spazi del Canada Centrale, mi avrebbe dato del tempo per pensare, e con un po’ di fortuna sarebbe stato uno sprone alla mia immaginazione. Avevo ancora solo ventitré anni, ma la mia carriera di romanziere non dava segni di voler cominciare. Mi arruolai al centro di reclutamento della RAF di Kingsway, superai i test di valutazione alla base RAF di Hornchurch, vicino a Dagenhamm, e cominciai il periodo trimestrale di addestramento di base a Kirton in Lindsey, nel Lincolnshire. (…) Con tutto il tempo libero che avevo, scrissi qualche racconto e cercai di trovare qualcosa da leggere che mi tenesse in esercizio. I quotidiani locali non riportavano notizie internazionali e non parlavano d’altro che di partite di curling e di hockey su ghiaccio. Riviste come “Time” erano considerate troppo intellettuali, ed era difficile trovarle a Moose Jaw che all’epoca era una cittadina senza prospettive, con due stazioni di servizio e una rimessa di autobus.(…)
All’emporio della stazione degli autobus la maggior parte dei tascabili erano thriller e gialli, ma c’era anche un’altro tipo di narrativa che occupava un grande spazio sugli scaffali. Era la fantascienza, che conosceva allora il suo grande boom post-bellico. Sino a quel momento, avevo letto pochissima fantascienza, eccezion fatta per i fumetti di Buck Rogers e Flash Gordon che leggevo da bambino a Shangai. Più tardi appresi che la maggior parte degli scrittori professionisti di fantascienza, tanto americani che inglesi, erano stati dei fan accaniti sin dalla più tenera età, e molti avevano cominciato la loro carriera scrivendo sulle fanzine e frequentando le “convention”. Io fui uno dei pochissimi che arrivo alla fantascienza ad un’età relativamente tarda. Verso la metà degli anni cinquanta c’erano una ventina di riviste commerciali di fantascienza vendute mensilmente in America e in Canada, e le migliori fra esse le potevo trovare sugli scaffali dell’emporio di Moose Jaw. Alcune, come “Astounding Science Fiction”, capofila sia per le vendite che per la considerazione di cui godevano nel settore, si dedicavano prevalentemente ai viaggi spaziali e a racconti su un futuro dominato dalla tecnologia. Quasi tutti i racconti erano orientati su astronavi o su pianeti alieni, in un futuro molto lontano. Questi raccontini planetari, in cui la maggior parte dei personaggi indossavano uniformi militari, mi annoiarono quasi subito. Precursori di Star Trek, descrivevano un impero americano che colonizzava l’universo intero, e lo trasformava in un inferno allegro e ottimistico, una periferia americana lastricata di buone intenzioni e popolata da “Avon Ladies” in tuta spaziale. E’ curioso, ma oggi potremmo dire che la profezia era quasi azzeccata.
Per fortuna c’erano altre riviste, come “Galaxy” e “Fantasy & Science Fiction”, in cui i racconti erano ambientati nel presente o in un futuro molto prossimo, e in cui venivano estrapolate tendenze politiche e sociali già visibili negli anni del dopoguerra. Il loro terreno di elezione erano i pericoli che la televisione, la pubblicità e un paesaggio mediatico tipico dell’america rappresentavano per un pubblico sin troppo malleabile. Esaminavano con acutezza gli abusi della psichiatria e gli inganni di una politica ridotta alla stregua della pubblicità. Molti dei racconti erano comici e pessimistici, e la patina di caustica ironia nascondeva un messaggio abbastanza amaro. Furono queste le riviste che afferrai al volo e che cominciai a divorare. Ecco un tipo di narrativa che parlava davvero del mondo attuale, e spesso era ellittica e ambigua come quella di Kafka. Una narrativa che descriveva u n mondo dominato dalla pubblicità di massa, in cui il governo democratico diventava un affare di pubbliche relazioni. Era un mondo di automobili, uffici, autostrade, linee aeree e supermercati, il mondo in cui vivevamo effettivamente, ma che era quasi completamente assente dalla narrativa seria. In un romanzo di Virginia Woolf nessuno faceva mai il pieno di benzina. In Sartre o in Thomas Mann nessuno pagava mai un taglio di capelli. Nei romanzi di Hemingway scritti dopo la seconda guerra mondiale nessuno si preoccupava degli effetti di un’esposizione prolungata alla minaccia di guerra nucleare. La sola idea era ridicola, assurda, allora come lo è oggi. Gli scrittori della narrativa così detta seria avevano tutti una caratteristica in comune: le loro opere riguardavano in primo luogo e soprattutto loro stessi. Il “sè” era il centro del modernismo, ma adesso aveva un rivale potente, il mondo di tutti i giorni, che era diventato anch’esso un costrutto psicologico, ed era altrettanto propenso ad essere attraversato da impulsi misteriosi e spesso psicopatici. Questo regno abbastanza sinistro, questa società dei consumi che poteva decidere da un momento all’altro di fare un’altra Auschwitz o un’altra Hiroshima, era il mondo che la fantascienza stava esplorando. Soprattutto, la fantascienza come genere aveva un straordinaria vitalità. Senza pensarci su troppo, decisi che questo era un campo in cui avrei dovuto entrare.


Kraftwerk






Kraftwerk @ Apollo Theatre - Firenze [19.05.1981]
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Kraftwerk @ Nakano Sun Plaza - Tokyo [07.09.1981]
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Kraftwerk @ Teatro Tivoli - Bologna [07.02.1990]
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Morfh [when the childrens make ooh] // Mixed by JemB @ Bunker Studio [16.04.09]
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Enterprise - Ramon Tapia
Lipp Feat. Mixo (David Keno rmx) - Patrizio mattei, Danny Omich
Kraft - Marc Miroir
Hooker (Ahmet Sendil rmx) - Federico Milani
Sheila - Tigerskin, Benno Blome
Hypnotize - kandel
Happy endig - Camea
8th dimension - (Jerome Sydenham rmx) - Claudio Mate
One millions Oaks - Itmar sagi
Pheromonia - Tom Clark, Benno Blome
Las Vegas - Yama
The Angst - dj Hell
December - Polder
73 TomTom Avenue - David K




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Kontainer DjSet archive - Radio K [1994 - 2003] Bologna Italy

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Audio - 0010 - Thomas Brinkmann - Klick [max.E. CD1]

cicoria 2

Seems to know - PAPP/WARRIN
Heaven - M. MAYER
Material love - MARTINI BROTHERS
Dark Side (S.BUG rmx) - WISE CAUCASIAN
All day - SUPALOVE
Pump - D. MOORE
Enchartment - VINCENZO
Panick attack - PLASTIKMAN
Dexter - VILLALOBOS
Skat ur not the same - TSP
Return of the synthies (BROCKSIEPER rmx) - C.QUAST
Forsforescente - ERIE
Peace (MICRO rmx) - ALI KHAN

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